Con la decisione in oggetto, la Corte EDU ha esaminato il ricorso presentato contro la Georgia dalla sig.ra xxxxx con riferimento alla denunciata violazione dell’art. 6 della CEDU, lamentata dalla ricorrente per la mancata fissazione di un’udienza orale nel procedimento penale a suo carico dinanzi alla Corte di Appello. La vicenda traeva origine da una serie di fatti, avvenuti nel 2010, quando la ricorrente, all’esito di una perquisizione condotta dalla polizia al confine di Sarpi, era stata trovata in possesso di numerose confezioni di farmaci e per questo arrestata e accusata del reato di acquisto e detenzione di sostanze stupefacenti; un’accusa immediatamente decaduta dopo che un esame peritale aveva accertato l’assenza di sostanze psicotrope o stupefacenti nelle pillole sequestrate. Senonché, qualche mese più tardi l’accaduto e a seguito di una segnalazione anonima che denunciava un altro episodio di trasporto illecito di farmaci, la ricorrente veniva nuovamente tradotta in arresto e imputata del reato di “violazione delle norme doganali” per entrambi gli episodi occorsi, stante l’ingente quantità di pillole trasportate attraverso il confine doganale e ritenuto superiore al valore-soglia, penalmente rilevante, di 15.000 GEL (circa 6.235 euro all’epoca dei fatti). Durante il processo, la ricorrente non solo aveva recisamente negato le accuse mosse a suo carico ma aveva altresì fatto richiesta di interrogare un perito circa il metodo utilizzato per la stima del valore delle pillole sequestrate; l’istanza veniva però respinta sul presupposto che la domanda fosse stata presentata tardivamente. A conclusione del giudizio di primo grado, la ricorrente veniva ritenuta responsabile del reato a essa ascritto e per l’effetto condannata alla pena di nove anni di reclusione oltre che al pagamento di una multa. La sentenza di condanna veniva perciò impugnata dalla ricorrente la quale, oltre a denunciare l’insufficienza del quadro probatorio, lamentava l’erroneità del metodo di calcolo utilizzato dal perito e reiterava l’istanza di esame di un consulente da essa stessa incaricato, chiedendo all’uopo la fissazione di un’udienza orale per fare luce su tutti i motivi di doglianza eccepiti nel ricorso. Ciononostante, la Corte d’Appello rigettava l’istanza della ricorrente e confermava integralmente la decisione del tribunale di primo grado. La Suprema Corte, inoltre, dichiarava l’inammissibilità del ricorso per cassazione presentato dalla ricorrente sulla scorta del mancato accoglimento dell’istanza di audizione orale da parte del giudice di secondo grado. Investita della questione, la Corte EDU ha preliminarmente osservato che le modalità di applicazione delle garanzie discendenti dall’art. 6 della Convenzione EDU nei procedimenti dinanzi ai tribunali di appello devono essere specificamente valutate con precipuo riferimento alle caratteristiche tecnico-procedurali dei giudizi in questione. E infatti la Corte puntualizza, alla stregua di una pregressa e consolidata giurisprudenza, che la necessarietà di un’udienza orale possa essere esclusa nel corso di un giudizio di secondo grado, senza importare, per questo, la violazione del diritto a un equo processo, salvo che l’imputato affermi la propria innocenza. D’altro canto, la Corte osserva pure che il diritto allo svolgimento di una pubblica udienza debba essere bilanciato con altri diritti e interessi parimenti rilevanti come quello alla ragionevolezza della durata dei processi. Ciò premesso, e in relazione al caso di specie, la Corte di Strasburgo ha operato una distinta valutazione delle singole fattispecie concrete nelle quali la ricorrente era stata implicata: con riferimento alla prima, i giudici hanno ritenuto che le questioni sollevate nell’atto di ricorso potessero essere adeguatamente considerate dalla Corte d’Appello anche sulla base di un procedimento meramente cartolare e per questo ha escluso la violazione dell’art. 6 della Convenzione; quanto alla seconda, invece, la Corte ha affermato che un’adeguata valutazione dei fatti di causa non avrebbe potuto prescindere da un’audizione personale della ricorrente. Per conseguenza, la Corte ha dichiarato la fondatezza del ricorso e sanzionato la mancata fissazione di un’udienza orale nel procedimento di appello.
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