La CEDU su giornalismo responsabile e diritto alla reputazione (CEDU, sez. II, sent. 9 febbraio 2021, ric. n. 9142/16)

La Corte Edu si pronuncia sul caso del sig. Kadir Sağdıç, cittadino turco, residente a Istanbul, che all’epoca dei fatti di causa era ufficiale di carriera nelle forze armate, con il grado di vice-ammiraglio all’interno del comando navale turco. Il ricorrente ha lamentato una violazione del suo diritto alla reputazione a causa di una serie di articoli pubblicati sui quotidiani Taraf e Yeni Şafak, in novembre e dicembre 2009, recanti accuse nei suoi confronti di coinvolgimento in un piano d’azione denominato “Cage”, presuntamente
finalizzato alla creazione di condizioni favorevoli al rovesciamento del governo in carica. I Giudici di Strasburgo hanno, innanzitutto, osservato che, data la gravità delle accuse contenute negli articoli in discorso, il danno alla reputazione del ricorrente aveva raggiunto la soglia di rilevanza necessaria per rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 8 CEDU, alla cui luce è stata esaminata la questione de qua. La Corte rileva che gli articoli in questione, recanti nome completo e foto del sig. Sağdıç, non si
limitavano a muovere una critica a quest’ultimo, in relazione al modo in cui aveva svolto i suoi doveri, ma contenevano accuse di gravi reati, pertanto, suscettibili di minare la fiducia dell’opinione pubblica nei suoi confronti e, considerata la natura e la rilevanza dei compiti cui il ricorrente era preposto, in un’area strategica sensibile, rispondeva all’interesse generale che lui godesse della fiducia pubblica e che fosse protetto da accuse infondate. Gli articoli, peraltro, erano basati su documenti la cui autenticità non era al momento ancora acclarata e che erano coperti dal segreto istruttorio. La Corte ha, quindi, ritenuto che i giornalisti non avrebbero dovuto fare mero affidamento su quei documenti senza condurre proprie ricerche ed avrebbero dovuto sapere che la divulgazione di quelle informazioni era contraria al divieto contenuto nell’art. 285 del codice penale, che punisce come reato la violazione del segreto di un’indagine giudiziaria in corso. La Corte ha ribadito che, nonostante il ruolo fondamentale dei media in una società democratica, i giornalisti non possono, in linea di principio, essere esonerati dal dovere di rispettare il diritto penale ordinario in ragione della protezione loro offerta dall’art. 10 CEDU. Di conseguenza, il modo in cui l’argomento era stato trattato negli articoli impugnati non poteva essere considerato compatibile con gli standard del giornalismo responsabile ed i giudici nazionali non avevano svolto un corretto esercizio di bilanciamento tra il diritto al rispetto della vita privata del ricorrente, da un lato, e la libertà di stampa, dall’altro.

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