La Corte EDU si è pronunciata sul caso del Sig. Dickinson che per richiamare l’attenzione pubblica sul tema dell’entrata in guerra a seguito dell’occupazione dell’Iraq, aveva realizzato e poi esposto un lavoro di collage raffigurante il primo ministro turco nelle sembianze del cane di Bush. Il ricorrente ha affermato che il procedimento penale contro di lui per il lavoro artistico è stato un’interferenza con il suo diritto alla libertà di espressione sancita dall’art. 10 Conv. La Corte ha sottolineato che l’art. in questione comprende anche la libertà di espressione artistica, quale libertà di ricevere e diffondere informazioni ed idee, capace di partecipare allo scambio pubblico di informazioni ed idee: culturali, politiche e sociali di tutti i tipi. La Corte ha inoltre ricordato che il suo ruolo è quello di garantire che gli organismi nazionali abbiano condotto un’equa ponderazione tra il diritto del ricorrente alla libertà di espressione e il diritto al rispetto della vita privata da parte del primo ministro. Non vi è stato alcun dubbio da parte dei giudici del fatto che l’opera di collage del ricorrente fosse finalizzata alla denuncia di scelte politiche riguardanti operazioni militari e pertanto il lavoro faceva parte di un dibattito d’interesse pubblico per la politica estera del paese. In merito è stato ricordato come il co. 2 dell’art. 10 Conv. non lasci molti spazi alle restrizioni alla libertà di espressione nell’area del discorso politico o delle questioni di interesse generale. Inoltre, bisogna considerare che, facendo riferimento al primo ministro, i limiti alla critica dell’opera sono meno ampi rispetto ad un privato, in quanto il politico si espone inevitabilmente e consapevolmente ad un attento esame delle sue azioni da parte della stampa e dei cittadini in generale. La Corte ha ritenuto che nulla nel caso potesse giustificare il posizionamento in custodia cautelare o la detenzione provvisoria del ricorrente. Per i giudici di Strasburgo i tribunali nazionali hanno ritenuto che l’atto del ricorrente avesse costituito reato d’insulto ai danni del primo ministro. Tuttavia nella sentenza è mancata un’analisi sulla proporzionalità della sanzione penale inflitta, pertanto le autorità nazionali non hanno eseguito in modo adeguato un bilanciamento coerente con i criteri stabiliti dalla giurisprudenza tra la libertà di espressione e il diritto al rispetto della vita privata. per questi motivi la Corte ha dichiarato la violazione dell’art. 10 Conv.
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