La CEDU su privazione del diritto di voto per perdita della capacità giuridica (CEDU, sez. II, sent. 2 febbraio 2021, ric. nn. 25802/18 e 27338/18)

La Cedu si pronuncia sul caso di due cittadini danesi, i sig.ri Strøbye e Rosenlind che, privati della capacità giuridica, avevano successivamente perso anche il diritto di voto. Di qui la decisione di avviare un procedimento contro il ministero degli Interni danese, lamentando la negazione del loro diritto di voto alle elezioni parlamentari del 2015. L’Alta Corte della Danimarca orientale ha rigettato le rivendicazioni, ritenendo che la scelta di privare del diritto di voto persone prive della capacità
giuridica fosse coerente con la allora vigente legislazione danese, non incisa dagli obblighi internazionali assunti dalla Danimarca. La Corte Suprema ha confermato tale decisione, rilevando che il diritto di voto non è un diritto assoluto. Innanzi alla Corte Edu, i ricorrenti hanno ribadito il carattere ingiustificato ed arbitrario della subita privazione del diritto di voto, altresì, incompatibile con gli obblighi internazionali assunti dalla
Danimarca. Il governo ha affermato che le restrizioni erano state proporzionate allo scopo legittimo perseguito, cioè garantire che gli elettori avessero un livello minimo richiesto di abilità mentali. La Corte ha sottolineato che pur essendo il diritto di voto essenziale per una democrazia
significativa, gli Stati membri godono di ampia discrezionalità in tale ambito. In particolare, i sig.ri Strøbye e Rosenlind avevano perso il diritto di votare per essere stati dichiarati legalmente incapaci ed in questo, la situazione giuridica danese era paragonabile a quella di molti altri Stati europei. Né problemi si ponevano alla luce dei trattati internazionali stipulati dalla Danimarca e degli obblighi in materia di diritti umani.
Di conseguenza, la Corte ha concluso che non vi era stata violazione dei diritti dei ricorrenti.

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