La Corte EDU sulla garanzia del diritto alla libertà di stampa (CEDU, sez. IV, sent. 12 gennaio 2021, ric. n. 79671/13)

La decisione resa al caso in oggetto scaturisce dal ricorso presentato contro la Romania dal Sig. Gheorghe Florin Popescu che ha denunciato la violazione dell’art. 10 della Convenzione EDU con riferimento alla decisione delle autorità nazionali di condannare il ricorrente, giornalista, al risarcimento dei danni per aver pubblicato sul suo blog cinque articoli critici indirizzati a LB, anch’esso giornalista, redattore capo di un quotidiano e produttore di programmi televisivi. Nella specie, il giudice di prime cure aveva ritenuto che il ricorrente, con la pubblicazione degli articoli in questione, avesse ecceduto i limiti della libertà di manifestazione del pensiero, non solo utilizzando espressioni volgari e diffamatorie che avrebbero danneggiato l’onore e la reputazione di LB ma altresì accusandolo, pur in assenza di ogni circostanza fattuale, di essere moralmente responsabile di un omicidio-suicidio. Le conclusioni del Tribunale venivano confermate prima dalla Corte distrettuale e poi anche dalla Corte d’Appello di Bacău e ciò sul preminente rilievo che le accuse levate a carico di LB fossero prive di ogni concreto fondamento, carenti di una base sufficientemente precisa e attendibile. Investita del ricorso sollevato dal Sig. Popescu, la Corte EDU ha preliminarmente osservato come, nel caso di specie, si fosse verificata un’ingerenza nell’esercizio del diritto alla libertà di espressione del ricorrente; un’ingerenza tuttavia prevista dalla legge e diretta a perseguire uno degli scopi legittimi indicati all’art. 10, par. 2, della Convezione, consistente nella “protezione della reputazione o dei diritti altrui”. Ciò premesso, la Corte è passata ad indagare se questa ingerenza fosse “necessaria in una società democratica”, verificando se la predetta misura limitativa fosse proporzionata allo scopo pur legittimamente perseguito e se i motivi invocati dai tribunali nazionali fossero pertinenti e sufficienti. A tal proposito, i giudici di Strasburgo hanno posto esattamente in rilievo la circostanza, ampiamente ribadita nel corso del proprio insegnamento giurisprudenziale, che la libertà di stampa gioca un ruolo fondamentale nel corretto funzionamento di una società democratica; del pari, la Corte ha sottolineato come anche la funzione dei blogger e degli utenti popolari dei social media, analogamente ai media tradizionali, possa essere assimilata a quella di un “cane da guardia” dell’opinione pubblica e ciò considerato che i siti web contribuiscono notevolmente a migliorare l’accesso del pubblico alle notizie e, più oltre, a facilitare la diffusione delle informazioni. Nel merito, la Corte EDU ha obiettato che le decisioni pronunciate dai tribunali nazionali si siano concentrate principalmente sulle conseguenze negative che gli articoli pubblicati avrebbero spiegato sull’onore e sulla dignità di LB, mancando di eseguire ogni più accurata attività di bilanciamento tra la garanzia del diritto alla reputazione individuale e la tutela della libertà di stampa. Più nel dettaglio, i rilievi mossi dalla Corte di Strasburgo insistono sulla considerazione che le autorità nazionali non abbiano tenuto in debito conto il ruolo essenziale che la libertà di stampa svolge in una società democratica, omettendo peraltro di valutare se le osservazioni del ricorrente afferissero ad una questione di interesse generale, se LB fosse un personaggio pubblico o, ancora, lo stile delle affermazioni utilizzate dal ricorrente e il grado di diffusione degli articoli oggetto di contestazione. Infine, per ciò che attiene alla gravità della sanzione inflitta, la Corte EDU rileva che i tribunali nazionali si siano limitati a elencare alcuni criteri per la determinazione del quantum della sanzione, senza tuttavia farvi applicazione e neppure riflettendo sulle conseguenze che la sanzione avrebbe prodotto rispetto alla situazione economica del ricorrente. Tutto ciò premesso, e considerato che i tribunali nazionali non avrebbero debitamente soppesato gli interessi in gioco secondo i criteri stabiliti nella giurisprudenza europea, la Corte di Strasburgo ha affermato che i giudici interni non abbiano argomentato motivi pertinenti e sufficienti per giustificare l’interferenza con il diritto del ricorrente alla libertà di espressione. La Corte ha quindi concluso nel senso di ritenere che la predetta interferenza non fosse “necessaria in una società democratica”, riscontrandosi per questa via una violazione della garanzia prevista all’art. 10 della Convenzione.

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