Migrazioni interne e limitazioni nel Novecento. I casi di Italia e Cina

Il fenomeno delle migrazioni interne è stato oggetto di analisi multidisciplinare nell’ambito delle scienze sociali, statistiche, storiche ed economiche mentre non ha rappresentato obiettivo di studio privilegiato delle scienze giuridiche, orientate piuttosto ad approfondire lo studio della regolazione dei flussi migratori provenienti da paesi terzi, soprattutto riferiti al periodo storico che prende avvio col nuovo millennio. In realtà nelle democrazie liberali contemporanee la redistribuzione della cittadinanza nell’ambito del medesimo territorio nazionale rappresenta un fenomeno non sanzionato giuridicamente, a motivo  del presidio minimo di libertà di circolazione previsto negli ordinamenti costituzionali. Ma non è stato sempre così: tra la prima metà del secolo scorso e il secondo dopoguerra, si riscontrarono in alcuni ordinamenti di paesi occidentali tra cui la Francia, la Germania, il Regno Unito e l’Italia, interventi normativi volti a limitare i flussi migratori verso i grandi centri urbani, con l’intento dichiarato di consentire all’economia urbana di assorbire gradualmente l’impatto con importanti fasce di popolazione sena recare, pertanto,  pregiudizio all’equilibrio del tessuto urbano e dei servizi per la cittadinanza residente. Il fenomeno, però, ebbe una sua rilevanza imponente in Cina dopo la fine del maoismo e l’avvento delle prime liberalizzazioni, che costrinsero le autorità locali ad affrontare un flusso migratorio interno la cui numerosità è stata davvero dilagante, e che fu affrontato in un contesto ordinamentale del tutto peculiare rispetto alle esperienze occidentali. La ricerca propone un’analisi comparatistica del fenomeno, avendo riguardo al diverso quadro ordinamentale in cui si sono manifestati.

The phenomenon of internal migration has been the subject of multidisciplinary analysis in the social, statistical, historical and economic sciences while it has not been a privileged study objective of the legal sciences, aimed rather at deepening the study of the regulation of migratory flows from third countries , especially referring to the historical period that starts with the new millennium. In reality in contemporary liberal democracies the redistribution of citizenship within the same national territory represents a phenomenon that is not legally sanctioned, due to the minimum protection of freedom of movement provided for in the constitutional systems. But this was not always the case: between the first half of the last century and the second post-war period, regulatory measures aimed at limiting flows were found in some systems of western countries including France, Germany, the United Kingdom and Italy migrants to large urban centers, with the declared intent to allow the urban economy to gradually absorb the impact with important sections of the population without, therefore, prejudicing the balance of the urban fabric and services for resident citizenship. The phenomenon, however, had an imposing relevance in China after the end of Maoism and the advent of the first liberalizations, which forced the local authorities to face an internal migratory flow whose number was really rampant, and which was addressed in a a completely peculiar legal context with respect to western experiences. The research proposes a comparative analysis of the phenomenon, having regard to the different legal framework in which they arose.