La CEDU su violazione sostanziale e prodecurale dell’articolo 3. (CEDU, sez. V, sent. 5 dicembre 2019, ric. n. 71670/14)

La Corte EDU si pronuncia sul caso di un trattamento disumano e degradante all’interno di un
istituto penitenziario francese. E’ il caso del Sig. J. M. che ritiene di esser stato sottoposto ad un trattamento contrario all’articolo n. 3 della Conv. da parte delle guardie e lamenta, inoltre, che su questi episodi, nonostante la sua denuncia, non vi è stata un’indagine efficace.
L’articolo n. 3 della Convenzione sancisce uno dei valori fondamentali delle società democratiche. Anche nelle circostanze più difficili come la lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata, la Convenzione proibisce assolutamente la tortura e il trattamento o la punizione disumani o
degradanti. La Corte, però, afferma che l’uso della forza può essere talvolta necessario per
garantire la sicurezza nelle carceri, mantenere l’ordine o prevenire la criminalità nei luoghi di detenzione. Tuttavia, ritiene importante sottolineare che quando una persona è privata della sua libertà, qualsiasi uso della forza fisica che non è reso strettamente necessario dal proprio comportamento viola la dignità umana e costituisce, in principio, una violazione del diritto garantito dall’articolo n. 3. Inoltre, quando gli eventi in questione sono noti, in tutto o in parte, esclusivamente alle autorità, vengono a generarsi delle forti presunzioni, tanto che l’onere della prova ricade sul governo, che deve fornire prove e spiegazioni convincenti mettendo in dubbio quanto dichiarato dalla vittima. Nel caso di specie, le lesioni multiple, accertate da ben quattro diversi certificati medici, sono risultate compatibili con le dichiarazioni del richiedente. Inoltre, essendo stata riconosciuta la sua vulnerabilità, l’uso della forza da parte delle polizia ne ha alterato lo stato di agitazione. Sulla base di ciò la Corte ha dichiarato la violazione sostanziale dell’articolo n. 3 della Convenzione. Per quanto attiene all’aspetto procedurale, quando una persona sostiene di aver subito un trattamento contrario all’articolo n. 3, da parte della polizia o di altri servizi statali, questa disposizione – presa insieme con l’obbligo per lo Stato imposto dall’art. n. 1 di “riconoscere a tutti nella sua giurisdizione i diritti e le libertà definiti dalla Convenzione”-, richiede, implicitamente che ci sia un’indagine ufficiale efficace che porti all’identificazione e alla punizione dei responsabili.
In questo caso, l’indagine avviata internamente non ha portato all’identificazione e alla punizione
dei responsabili del trattamento disumano. Pertanto, ritenendo che il richiedente non abbia beneficiato di un’indagine efficace, la Corte ha concluso che vi è stata anche una violazione dell’aspetto procedurale dell’articolo n. 3 della Convenzione.

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