La Corte Edu si pronuncia su un caso inerente tre avvocati, di cittadinanza turca, che avevano lamentato il sequestro di propri dati elettronici da parte delle autorità giudiziarie, ai fini di un procedimento penale intentato contro un altro avvocato (Ü.S.), con il quale i ricorrenti avevano condiviso il proprio ufficio. La Corte – oltre ad aver rilevato l’assenza di garanzie procedurali sufficienti nella legge come interpretata ed applicata dalle autorità giudiziarie turche – ha riscontrato, in particolare, che il sequestro dei dati elettronici dei ricorrenti, protetti dal segreto professionale che connota il rapporto avvocato-cliente, nonché il rifiuto di restituirli o distruggerli, non corrispondeva, ai sensi dell’art.8 Cedu, ad un urgente bisogno sociale, non era proporzionato agli scopi legittimi perseguiti (prevenzione del disordine, prevenzione dei reati e protezione dei diritti e delle libertà altrui) e non erano necessari in una società democratica. Di qui la dichiarazione, all’unanimità, dell’avvenuta violazione dell’art.8 della Convenzione, in particolare sotto il profilo del diritto al rispetto della corrispondenza.
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