La CEDU sulla violazione del diritto a libere elezioni (CEDU, sez. V, sent. 11 luglio 2019, ric. n. 28508/11)

La Cedu si pronuncia sulla causa di tre cittadini azeri che avevano denunciato notevoli ritardi delle commissioni elettorali nella registrazione dei medesimi quali candidati alle elezioni parlamentari del novembre 2010, ritardi che avrebbero impedito loro di fare campagna elettorale e di competere efficacemente ed in condizioni di parità con gli altri candidati. In particolare, le competenti commissioni elettorali circoscrizionali avevano rilevato una presunta invalidità di molte delle firme raccolte a sostegno della loro candidatura, firme che, peraltro, non avevano raggiunto il numero minimo necessario di 450. I ricorrenti avevano tempestivamente impugnato tali decisioni dinanzi alla Commissione elettorale centrale, la Corte d’appello e la Corte Suprema, sostenendo l’erroneità dei risultati delle
commissioni elettorali della circoscrizione e la violazione delle garanzie procedurali loro accordate dalla legge. Nelle more del procedimento giurisdizionale, il 15 ottobre 2010, iniziava la campagna ufficiale per le elezioni. Successivamente, gli appelli dei ricorrenti furono accolti da parte delle Corti nazionali che ordinarono alle commissioni elettorali di procedere alla registrazione dei medesimi come candidati. Tale registrazione avvenne, però, rispettivamente, il 2, il 4 ed il 5 novembre, l’ultimo giorno di campagna elettorale.
La mancata elezione di tutti e tre fu dagli stessi stata addebitata a tali ritardi delle autorità elettorali e delle Corti di merito: di qui il ricorso alla Corte Edu per la violazione dell’articolo 3 del Protocollo n. 1 della Convenzione che sancisce il diritto alle libere elezioni.
I Giudici di Strasburgo hanno riconosciuto che la tardiva registrazione, peraltro così ravvicinata al momento delle elezioni, aveva impedito ai candidati di avere un ragionevole lasso di tempo per condurre una efficace campagna elettorale e che tali ritardi del procedimento erano certamente
imputabili alle commissioni elettorali ed ai tribunali ed all’assenza di efficaci garanzie contro l’arbitrarietà nelle procedure di registrazione dei candidati.
La Corte ha così concluso che i diritti elettorali individuali di ricorrenti erano stati ridotti a un livello tale da risultare significativamente compromessi, con violazione dell’articolo 3 del Protocollo n. 1.

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