La CEDU condanna l’Italia per le violenze commesse in occasione del G8 di Genova (Corte EDU sent. 07/04/2015, n. 6884/11)

La Cedu ha ritenuto il ricorso, oltre che ammissibile, anche fondato sia per violazione degli obblighi sostanziali discendenti dall’art. 3 CEDU, della violazione del divieto, posto a carico di tutti gli agenti pubblici, di praticare trattamenti costituenti tortura, sia per violazione degli obblighi procedurali sempre derivanti dall’art. 3 CEDU, che impongono alle autorità statali di compiere indagini diligenti su tutti i casi sospetti di trattamenti contrari all’art. 3 così da pervenire all’individuazione, alla persecuzione e alla condanna ad una pena proporzionata di chi sia riconosciuto responsabile di tali trattamenti.
Inoltre ha rilevato un difetto strutturale nell’ordinamento giuridico italiano, lamentando l’assenza di un trattamento penale appropriato per tutti i trattamenti vietati dall’art. 3 CEDU, poiché la prescrizione così come regolata dagli artt. 157 ss. c.p. – ed eventuali provvedimenti di indulto come quello di cui alla citata legge n. 241/2006 – possono impedire in pratica ogni punizione non solo dei responsabili di atti di tortura, ma anche degli autori di trattamenti inumani e degradanti, nonostante tutti gli sforzi compiuti dalle autorità inquirenti e giurisdizionali (§ 242).
Di conseguenza, la Corte ha affermato la necessità “che l’ordinamento giuridico italiano si munisca di strumenti giuridici idonei a sanzionare in maniera adeguata i responsabili di atti di tortura o di altri trattamenti vietati dall’art. 3 e ad impedire che costoro possano beneficiare di benefici incompatibili con la giurisprudenza della Corte” (§ 246).

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