Social rights of migrant minors between the division of powers and the principle of equality. The access to nursery schools

In tempi di crisi economica e sempre più aperta ostilità nei confronti dello “straniero” (almeno in alcuni ambiti della società e della politica), si assiste, tra l’altro, a numerosi tentativi del legislatore nazionale, ma anche di quelli regionali – ciascuno nell’esercizio dei propri poteri legislativi – finalizzati a limitare l’accesso dei migranti ai diritti sociali. A volte questo accesso è subordinato al possesso di determinati requisiti, tra cui, tra i più problematici, vi è quello della residenza di lungo periodo nel territorio nazionale e/o regionale. Il contributo richiama la più recente giurisprudenza costituzionale sul punto e si sofferma, in particolare – per la più stretta attinenza ai ‘minori migranti’ – sull’analisi della sentenza n. 107/2018, relativa alla regolamentazione dell’accesso agli asili nido: con tale pronuncia la Corte costituzionale ha ribadito che il radicamento territoriale non può essere assunto quale requisito generale e dirimente quando si tratta di rispondere ai bisogni primari dell’individuo, senza violare i principi di ragionevolezza e di uguaglianza – principi che non possono essere abdicati neanche in nome di risorse economiche limitate. In realtà, la connessione del servizio “asilo nido” con il diritto all’istruzione, che, com’è noto deve essere garantito a tutti indipendentemente dalla regolarità del soggiorno, fonda un ragionevole dubbio circa la possibilità che anche la residenza ‘semplice’, prima ancora della residenza di lungo periodo, possa essere considerata valido criterio per accedere a tale prestazione. In tale ottica, discutibili si rivelano, altresì, le piuttosto diffuse previsioni normative che condizionano al requisito della residenza anche l’accesso alle mense scolastiche, trattandosi di un servizio che, in quanto volto a rendere effettivo il diritto all’istruzione ed alla formazione non può, al pari di questo ultimo, essere condizionato dalla regolarità del soggiorno e, quindi, dalla residenza. Infine, il lavoro si sofferma sull’ulteriore tentativo di limitazione dei diritti sociali degli stranieri compiuto attraverso il c.d. “Decreto sicurezza”: l’introduzione di norme volte ad ostacolare l’iscrizione anagrafica – necessaria per il rilascio del certificato di residenza – di una particolare, sia pur limitata, categoria di immigrati (i richiedenti asilo), aveva l’obiettivo dichiarato di impedire loro di accedere a tutta una serie di prestazioni sociali, ma tale tentativo è stato al momento bloccato da numerosi giudici di merito investiti di controversie scaturite dall’applicazione di tale normativa.

In times of economic crisis and increasingly open hostility towards the ‘foreigner’ (at least on the part of some sections of society and politics), we witness, among other things, numerous attempts by the national legislator, but also by regional ones – each in the exercise of their legislative powers – aimed at limiting migrants’ access to social rights. For example, sometimes this access is conditional on the possession of certain requirements, including, among the most problematic, that of long-term residence in the national and/or regional territory. The paper recalls the most recent constitutional jurisprudence on the point and focuses, in particular – for the closest connection with the “migrant minors” – on the analysis of sentence n. 107/2018, relating to the regulation of access to nursery schools: with it the Constitutional Court was able to reiterate that the territorial rooting cannot be assumed as a general and decisive requirement when it comes to responding to the individual’s primary needs, without violating the principles of reasonableness and equality, principles that cannot be abdicated even in the name of limited economic resources. In reality, the connection of the nursery service with the right to education, which, as is known, must be guaranteed to all regardless of the regularity of the stay, bases a reasonable doubt about the possibility that even the ‘simple’ residence, even before long-term residence, can be considered a valid criterion for accessing this service. From this point of view, even those legislative provisions that condition access to school canteens to the requirement of residence are questionable: in fact, this is a service which, since it is aimed at making effective the right to education and training, cannot, like this last one, be conditioned by the regularity of the stay and, therefore, by the residence. The paper, finally, focuses on the further attempt to limit the social rights of foreigners made through the c.d. “Security decree”: the introduction of rules aimed at hindering the registration – necessary for the issue of the residence certificate – of a particular, albeit limited, category of immigrants (asylum seekers), had the declared objective of prevent them from having access to a whole series of social benefits, but this attempt has been blocked at the moment by numerous judges of merit invested with disputes arising from the application of this legislation.