La questione sottoposta all’esame della Corte contro la Federazione Russa concerne l’asserita violazione della norma convenzionale che impone il divieto di discriminazioni (art. 14 CEDU), in combinato disposto con l’art. 8, in virtù della differenza esistente tra poliziotti di sesso maschile e femminile nella fruizione del diritto al congedo parentale. A tal riguardo, richiamandosi ai principi già enucleati in una precedente decisione, la Corte ribadisce che, rispetto al congedo parentale e alle indennità di congedo parentale, gli uomini si trovano in una situazione paragonabile a quella delle donne. Infatti, a differenza del congedo di maternità, destinato a consentire alla donna di riprendersi dal parto e di allattare il bambino qualora lo desideri, il congedo parentale e le indennità di congedo parentale si riferiscono al periodo successivo e mirano a consentire al genitore interessato di restare a casa per prendersi cura personalmente di un neonato. Pur consapevole delle differenze che possono esistere tra la madre e il padre nel rapporto con il bambino, la Corte ritiene che gli uomini e le donne debbano essere “similmente collocati” nel loro ruolo di cura del bambino durante il periodo corrispondente al congedo parentale. Nel caso di specie, la Corte rileva che, a differenza della completa esclusione del personale militare maschile dal diritto al congedo parentale, la legge russa prevede che il personale di polizia maschile abbia il diritto di richiedere il congedo parentale soltanto se i suoi figli vengono lasciati privi delle cure materne per ragioni oggettive, mentre le donne poliziotto hanno diritto incondizionatamente a tale congedo. In proposito, esaminata già in precedenza questa differenza di trattamento tra il personale di polizia maschile e quello femminile, la Corte già allora era giunta alla conclusione che essa non fosse oggettivamente e ragionevolmente giustificata ai sensi dell’articolo 14 della Convenzione. Parimenti, nella causa oggetto del presente giudizio, la Corte ritiene che la differenza di trattamento tra poliziotti e poliziotte nel godimento del diritto al congedo parentale non possa essere considerata ragionevolmente e oggettivamente giustificata. Non esisteva infatti alcun ragionevole rapporto di proporzionalità tra lo scopo legittimo di preservare l’efficacia operativa della polizia e la contestata differenza di trattamento. La Corte conclude quindi che questa differenza di trattamento, di cui il ricorrente è stato vittima, costituisce una discriminazione fondata sul sesso, integrando così una violazione dell’articolo 14 della Convenzione in combinato disposto con l’articolo 8.
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